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Io non posso dire di non esserci statə per codardia. Non mi aspettavo nulla se non qualche disagio; di certo non quella palese violazione dei diritti umani che è stata.

A 21 anni avevo zero consapevolezza di me, figurarsi del mondo che mi circondava. Accettavo il modello di sviluppo che vedevo, perché non sapevo o non capivo che potevano essercene diversi e non mi interessava. La globalizzazione non poteva che essere cosa buona, una specie di liberi tutti. A me comunque importava solo del mio piano di studi, ragion per cui per evitare ogni problema me ne sono andata a Trieste per cercare una stanza e per definire i fumosi termini del mio trasferimento.

Non posso dire che rimpiango di non aver presenziato, perché la mia presenza lì sarebbe stata decorativa. Ero poco più che una bambolina con un potenziale ampiamente represso.

Ero sulla strada per diventare un buon borghese, laurea lavoro casa famiglia, e se va bene col naso in su a guardare le stelle, che altro c’era? Le cose si chiedono per sé, il mondo è troppo grande, e poi si chiedono nemmeno per il sé che si desidera essere, ma quello che è opportuno per il proprio profilo.

E per anni non ho comunque capito nulla, anche se le testimonianze delle violenze apparentemente insensate e delle torture mi facevano un male che non riuscivo a risolvere e di cui non riuscivo a trarre nulla. Solo quando la mia inconsapevolezza di me ha cominciato a minare l’immagine del futuro che avevo preconfezionato, portandomi a un percorso di distruzione e ricostruzione dal quale sarei emersə più verso i quaranta che i trenta, ho cominciato a capire che pur non condividendo appieno le proposte avanzate, le ragioni della preoccupazione espressa da quei ragazzi (di ogni età) esistevano e andavano prese in considerazione. Perché è bello il gioco di raccontarsi che tutto va sempre meglio, finché il teatrino dura e decidiamo di vedere solo ciò che ci fa comodo.

Mi sono assoltə a lungo, io non c’ero, ho pensato, menomale che non c’ero, io di queste cose non capisco niente, che senso avrebbe avuto rischiare il mio bel faccino e la mia casella di futuro per niente? Ma dentro mi rodeva, mi rodeva abbastanza che non riuscivo a liquidare la morte di un ragazzo con un “te la sei cercata”, e mi incazzavo quando si cercava di strumentalizzare queste due persone, il ragazzo e il carabiniere, decontestualizzandole da tutto ciò che c’era intorno e che aveva creato il clima per quel gesto, anche se non sapevo metterla giù in parole.

E ancora mi incazzo quando la gente prova a strappare le reazioni violente degli oppressi dal brodo in cui sono state coltivate per usarle ancora una volta contro di loro, per metterle sullo stesso piano dell’azione deliberata, ben equipaggiata e ben guidata degli oppressori.

Non c’ero, e non sarei servitə a niente. Forse lì per lì nulla è servito a niente. Ma è diventato un propulsore della nostra rabbia. E non dobbiamo dimenticare, e dobbiamo raccontare.

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